Vai al contenuto

Museo Civico di Asolo

Una casa
per Eleonora

Museo civico di Asolo
Nuova sala espositiva
dedicata ad Eleonora Duse

Il Museo civico di Asolo presenta la nuova sala espositiva interamente dedicata ad Eleonora Duse.
Il nuovo allestimento, caratterizzato anche da una forte componente multimediale, vuole far rivivere gli oggetti della collezione dusiana: abiti, oggetti, fotografie e libri sono frammenti del mondo interiore dell’artista e parlano di lei, della sua vita vissuta in un difficile equilibrio tra dimensione personale e professionale.
Inserita nelle celebrazioni per il centenario della morte della grande artista che si terranno per tutto il 2024, la nuova sala espositiva è un progetto nato dalla collaborazione tra il Comune di Asolo e la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Venezia e per le province di Belluno, Padova e Treviso e finanziato dal Ministero della Cultura.

Amo Asolo perché è bello e tranquillo, paesetto di merletti e poesie perché non è lontano da Venezia che adoro perché vi stanno buoni amici che amo perché si trova fra il Grappa e il Montello… Questo sarà l’asilo per la mia ultima vecchiaia, e qui desidero essere seppellita. Ricordatelo, e se mai, ditelo…

Così Eleonora Duse esprimeva a Marco Praga nel 1919 l’affetto che la legava ad Asolo. Alla sua improvvisa scomparsa, avvenuta a Pittsburgh il 21 aprile 1924, l’amico si spese affinché la sepoltura della grande artista avvenisse ad Asolo, presso il piccolo cimitero di Sant’Anna.

La figlia Enrichetta Angelica Marchetti Bullough donò allo Stato italiano parte dei cimeli appartenuti alla madre, a condizione che fossero lasciati in deposito al Museo asolano. Nacque così la Collezione Duse composta da tessuti, dipinti, ritratti, mobili, libri, fotografie, documenti, ricordi di famiglia, conservata presso il Museo Civico di Asolo.

In occasione delle celebrazioni per il centenario della morte di Eleonora Duse, il Museo Civico di Asolo il 7 ottobre 2023 apre al pubblico una nuova sala espositiva interamente dedicata alla grande artista.
“Una casa per Eleonora” ha l’obiettivo di ampliare la fruizione e garantire la tutela della Collezione, inserendola in una nuova narrazione, articolata, accessibile grazie all’impiego di nuove metodologie e tecnologie e guidata dai più moderni approcci museologici e museografici.

L’intervento è realizzato grazie a un progetto nato dalla collaborazione tra il Comune di Asolo e la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio l’area metropolitana di Venezia e per le province di Belluno, Padova e Treviso e finanziato dal Ministero della Cultura tramite il Fondo per la Cultura 2021.

Ritratto di Eleonora Duse di Vincenzo De’ Stefani

E sto ritrato? Lo finimo o no la finimo? Senta – quanto che no fatto si farà (…)

Nel gennaio 1891, Eleonora Duse scrive
queste vivaci parole al pittore veronese Vincenzo De’ Stefani con l’invito a raggiungerla a Milano per completare il ritratto che l’artista aveva progettato di realizzare.

Il bozzetto su tavola che rimane a testimoniare questo felice incontro mostra una sensibile interpretazione del volto dell’attrice che, proprio in quegli anni, comincia a imporsi sulle scene internazionali. Il dipinto, dopo un’unica apparizione in pubblico alla Biennale di Venezia del 1912, non è stato più esposto e rimane praticamente sconosciuto fino ad anni recenti.

Dal 21 aprile, in occasione del centenario dalla morte di Eleonora Duse, presso la sala espositiva Una casa per Eleonora del Museo civico di Asolo, sarà dunque possibile riscoprire un ritratto dimenticato di Eleonora e conoscere un artista ancora troppo poco noto.

A cura di Elena Casotto
Storica dell’arte

1.
Arrigo Minerbi (1881-1960)
Busto
L’opera venne donata nel 1934 da Lyda Borrelli Cini per il nuovo teatro Duse. Il busto fu esposto alla biennale di Venezia del 1932.
1932 – Marmo

2.
Franz von Lenbach (1836-1904)
Ritratto
L’opera appartenne al conte Giuseppe Primoli (1851-1927) legato da profonda amicizia all’attrice che gliene fece dono.
1885 – Carboncino, acquerellatura, gessetto, carta

3.
Eveline Von Maydell (1890-1962)
Silhouette
Eleonora Duse ritratta durante l’ultima tournée americana.
1923 – Carta con incollaggio

4.
Franz von Lenbach (1836-1904) attr.
Medaglione con riproduzione del ritratto di Eleonora Duse e la piccola Marion Lenbach, figlia del pittore.
Tratto forse da una ritratto fotografico realizzato a Monaco presso lo studio di Karl Hahn.
1897 – Riproduzione fotomeccanica, cartoncino

5.
Arnold Genthe (1869-1942)
Ritratto
Ultima foto scattata durante la tournèe nel nord America.
1923 – Albumina, carta

6.
Federico von Rieger (1903-1987)
Ritratto
L’opera ritrae l’attrice nell’interpretazione di Rosmersholm di H.Ibsen. Donata nel 1976 dall’autore al Museo.
1928 – Olio su tavola

7.
Ilya Yefimovich Repin (1844-1930)
Ritratto
Ritratto di Eleonora Duse nella sua casa veneziana, incisione dal carboncino.
1893 – Incisione punta secca

8.
Walter Clark (1859-1935)
Ritratto
Sembra che l’opera fosse un dono fatto dal pittore al Capo del Governo italiano, e da questi alla cittadina. Nella collezione è presente un altro ritratto della Duse in terracotta di mano dello stesso autore
1933 – Olio su tela

Franz von Lenbach, un artista, un amico

Franz von Lenbach (1836 – 1904), formatosi all’Accademia di Monaco, studiò profondamente l’arte degli antichi maestri del Rinascimento, soprattutto italiano.
Soggiornò a lungo a Roma allestendo anche il cosiddetto “Studio rosso” in Palazzo Borghese, ricordato da Gabriele d’Annunzio nelle pagine del Fuoco.
Fu un abile ritrattista, apprezzato per l’intensità espressiva delle sue opere.
Ebbe numerosi committenti di prestigio, quali la casa regnante d’Austria e diversi esponenti dell’alta società europea.
Tra Eleonora Duse e il Lenbach dovette instaurarsi un rapporto di reciproca stima e quasi di famigliarità, considerati i numerosi ritratti che l’artista compì di lei, cogliendo la mobilità espressiva del suo volto anche a teatro. Testimonianza di questa profonda empatia intercorsa è l’intenso ritratto di Asolo, un’autentica icona della donna e dell’attrice.
Nella collezione asolana oltre alla foto della famiglia del pittore c’è un piccolo schizzo in un medaglione che raffigura Eleonora con la piccola Marion Lenbach che egli amava ritrarre, infondendo sempre alla sua immagine una sfumatura di misteriosa inquietudine.

- dettaglio con cartoline e foto d'epoca
Museo Civico di Asolo, Treviso, sezione Duse, i luoghi dusiani - dettaglio con cartoline e foto d'epoca

1.
La Mura
Eleonora Duse giunse ad Asolo per la prima volta nel 1892, ospite dell’ americana Katherine De Kay Bronson (1838-1901), che in una lettera all’amica Isabella Stewart Gardner riferiva come l’attrice avesse passato qualche giorno presso la sua casa asolana detta La Mura, apprezzandone la semplicità. Quel soggiorno ispirò l’attrice ad elaborare un suo ideale di casa, fatta di muri di pietra viva; priva di tappeti o tende; dotata di un giaciglio di foglie di granturco e di un materasso sottile di lana, come d’uso ai contadini.
Unico tocco di raffinatezza, una stoffa in broccato ad ingentilire il letto, come ella stessa scriverà in alcune lettere.
Sicuramente sentì l’affetto della Bronson, che la descrisse come “un’anima affranta dalla lotta per la vita, stanca fino a morirne delle falsità e delle menzogne e perfino dell’applauso delle folle”.
Il ricordo del soggiorno a La Mura, vissuta come un momentaneo rifugio di pace, fu il motivo che la spinse nel 1920 a voler tornare, ma la casa, non più vissuta e curata dai proprietari, si rivelò poco confortevole, così decise di lasciarla azitempo, non prima però di aver risanato il roseto del giardino.

2.
Casa Casale
La Duse conobbe Pietro e Lucia Casale a Venezia nel 1912. Pietro (1865-1928), professore di lingue e ottimo musicista; Lucia Occioni Bonaffons (1866-1933), direttrice di una scuola di merletto presso la loro casa veneziana a San Tomà.
I Casale si trasferirono ad Asolo in una villetta in via Belvedere nello stesso anno e ospitarono l’attrice saltuariamente, riservandole una camera ed un salottino arredati in stile veneziano.
Dal canto suo, fu la Duse a spingere Lucia Casale a fondare ad Asolo la scuola “Antico ricamo italiano” nel 1919, rilevando e rinnovando la vecchia “Scuola di merletti Browning”.
La Duse amava passeggiare anche di notte nel giardino dei Casale che comunicava con una torre delle antiche mura cittadine e non si stancava di ascoltare l’armonium suonato da Pietro.
Eleonora manifestò presto a Lucia il desiderio di trovare una casa ad Asolo, anche per poter godere in modo indipendente della compagnia degli amici.
Così nel 1919 Lucia la mise in contatto con l’ing. Cantoni, amministratore dii quella dimora confinante che sarebbe poi diventata Casa Duse, proprietà della signora Miller Morrison di Edimburgo.

3.
Albergo Alla Torre
La Duse soggiornò in questo albergo in via Marconi, accanto al laboratorio della Tessoria Asolana e vicino a casa La Mura, nella primavera del 1913 e in qualche altra breve occasione.
Un registro con le firme dei clienti testimonia la sua presenza.

4.
Albergo Al Sole
I fugaci soggiorni in questo albergo iniziarono nel giugno 1920.
Qui trovò un’atmosfera familiare e vi risiedette saltuariamente durante gli anni della ristrutturazione di Casa Morrison. L’albergo era gestito da Giulio Favero e dalle sorelle. I Favero provvedevano ad ogni possibile confort per la Duse, mettendole sempre a disposizione la camera preferita e preparandole i piatti che amava.
Numerosi sono i telegrammi che l’attrice scrisse a Giulio: per assicurare i propri bagagli sempre in viaggio da una destinazione all’altra; per chiedergli di farle pervenire la posta; per predisporre il viaggio dalla stazione in città, o per raccomandare alla cara Teresa di controllare la casa.
Oggi l’Albergo è una residenza di charme, e la camera è stata fedelmente restaurata. In essa si custodiscono ancora gelosamente alcune delle lettere che Eleonora Duse scrisse ai Favero.

5.
Casa Duse, già Morrison
Lucia Casale nel settembre del 1919 mise in contatto Eleonora con l’ing. Cantoni, amministratore di una casa di proprietà della signora Miller Morrison di Edimburgo. La casa le piacque perché piena di sole e perché dalle sue finestre poteva abbracciare con un unico colpo d’occhio la pianura e il massiccio del Grappa. Le piacque soprattutto il sottotetto, allora adibito a granaio, che chiese di sistemare per abitarvi. Decise di prenderla in affitto per due anni e, pur soggiornandovi poche volte, si interessò costantemente ai lavori che desiderava fossero ultimati per risiedervi definitivamente.
Improvvisamente, nel marzo 1920 però, risolse il contratto d’affitto, verificando che le sarebbe stato impossibile tornare ad Asolo per quell’anno. Nel maggio, tuttavia, tenta di tornare sulla sua decisione, ma nel frattempo la casa era stata affittata ad una famiglia di Cremona, la cui figlia aveva perduto il proprio fidanzato sul Grappa, durante la Guerra. Eleonora risolve di depositare comunque i suoi bauli in casa Morrison e stipula un altro contratto d’affitto, a partire dal 15 ottobre 1920. Alla fine di ottobre tornò nella casa e ci restò per pochi giorni, ordinando altri lavori di sistemazione e chiedendo agli amici Casale di seguire la scelta dei tessuti in seta per la tappezzeria.
Seguirono visite sporadiche nel luglio 1921; nell’agosto 1922 e nel maggio 1923, con l’obiettivo di vedere i lavori eseguiti e disporne altri, come la realizzazione di un cancello di accesso alla corte e di una fontana.
In quell’occasione chiese al falegname Cadonà di installare una lampada con un vetro di un particolare tono di azzurro per illuminare la nicchia sulla parete esterna della casa che custodiva una piccola Madonna affrescata. La preziosa lampada fu una dominante nei suoi pensieri, se alla vigilia della partenza per gli Stati Uniti ebbe un’ultima raccomandazione proprio per la sua manutenzione.
La casa, che non venne mai abitata stabilmente a causa dell’improvvisa scomparsa dell’artista, venne acquistata dalla figlia Enrichetta, che vi risiedette per qualche tempo con la famiglia. Nel 1934, in procinto di stabilirsi definitivamente in Inghilterra, ella decise di donarla alla Società Acelum di Asolo, di cui era presidente il prevosto don Angelo Brugnoli, che a sua volta la cedette a Cecil Guiness – Lord Iveagh, erede dei famosi produttori di birra irlandese.

6.
La Lapide
Nel primo anniversario della morte, venne apposta sulla facciata di Casa Duse una lapide recante l’epigrafe dettata da Gabriele d’Annunzio:
A Eleonora Duse
figlia ultimogenita di S. Marco
apparizione melodiosa del patimento creatore e della sovrana bontà questa casa
tranquillo riposo della grande attrice nel primo annuale della sua morte Asolo consacra

21 aprile 1925
All’inaugurazione erano presenti, tra i numerosi personaggi illustri, Tommaso Gallarati Scotti, autore di Niente e così sia, l’ultimo dramma interpretato, a cui spettò il discorso ufficiale; Ciro Galvani, attore della sua compagnia, e l’attrice Tatiana Pavlowa.

7.
Museo Civico
Nel 1933 la figlia di Eleonora Duse, in procinto di trasferirsi definitivamente a Cambridge, dove il marito Edward Bullogh insegnava, donò allo Stato italiano oggetti; abiti; arredi; materiale iconografico e documentario appartenuto alla madre e presente nella casa asolana, con il vincolo di depositarlo presso il Museo di Asolo. La donazione, caldeggiata dal maestro Gian Francesco Malipiero, che curò anche l’allestimento della nuova sala museale, venne ufficializzata nell’aprile del 1934.

8.
Teatro Duse
Il 2 maggio 1932, a seguito di un importante restauro, venne inaugurato solennemente nel Castello il nuovo Teatro Comunale intitolato ad Eleonora Duse (“…per unanime desiderio della cittadinanza si è deciso di intitolarlo a Eleonora Duse… che ha scelto di dormire l’ultimo sonno qui nel piccolo cimitero di Asolo”).
Il teatro aveva ospitato nel 1827 la Compagnia di Luigi Duse, nonno di Eleonora, ma la grande attrice mai vi recitò.
Il nuovo teatro fu allestito nella sala cinquecentesca, costruendo una grande loggia comprendente 11 palchi. Il soffitto a cassettoni era ornato pittoricamente, mentre alle pareti si potevano ammirare gli affreschi originali restaurati. Una platea che poteva contenere 294 persone, un palcoscenico e uno spazio per l’orchestra a conca sonora, completavano l’assetto.
Nell’atrio venne esposta la teca con il calco della mano di Eleonora Duse, eseguito da Miss Macy, la “clarissa d’oltremare”, come la chiamava d’Annunzio, e donato al Comune da Lucia Casale. Nel 1934 si aggiunse un busto scultoreo opera di Arrigo Minerbi, donato da Lyda Borelli Cini, diva del cinema muto. L’inaugurazione del teatro trovò una vasta eco nella satmpa nazionale.
Il pittoresco scenario naturale formato dal Castello, dal giardino rialzato nel cortile e dalla Torre Reata, si prestavano da sfondo per rappresentazioni all’aperto, e a partire dall’agosto 1935 questa scenografia naturale ospitò l’allestimento soprattutto di opere dannunziane, come La Città morta; Più che l’amore; La figlia di Iorio e La fiaccola sotto il moggio.

9.
Piazzetta Duse
L’intervento di restauro del Castello finalizzato alla sistemazione del nuovo Teatro, comportò l’abbattimento di un gruppo di case addossate al muro nord dell’edificio, creando così lo spazio per una piccola piazza che venne intitolata ad Eleonora Duse nel 1934.

10.
Cimitero di Sant’Anna
Compiuto nel 1887, accoglie nella parte più antica le cappelle e le lapidi dei maggiorenti e qui fu sepolta nel 1924 Eleonora Duse. Fu Marco Praga a testimoniare la volontà dell’attrice, che in un incontro ad Asolo nel 1919 gli aveva confidato:
“Amo Asolo perché è bello e tranquillo, paesetto di merletti e di poesia; perché non è lontano dalla Venezia che adoro, perché vi stanno dei buoni amici che amo; perché è tra il Grappa e il Montello…
Questo sarà l’asilo della mia ultima vecchiaia, e qui desidero di essere
seppellita. Anzi, ricordatelo, e se mai, ditelo”
Ada Negri ricordava che il cimitero di Sant’Anna, nella piccola dimensione e nell’umiltà, era ritenuto dalla Duse “il più raccolto e solenne dei cimiteri”. Ampliato nel 1927, dopo che la presenza della tomba di Eleonora Duse lo rese meta di continui pellegrinaggi, nel 1928 il cimitero fu affidato all’amorosa custodia dei Frati Cappuccini, divenuti titolari dell’annesso convento e della chiesa intitolata a Sant’Anna.
Numerose le personalità che negli anni hanno visitato la tomba della grande attrice, tra gli altri: Gabriele d’Annunzio; Giancarlo Maroni, architetto e segretario personale di lui; l’impresario e produttore teatrale Morris Gest (1875-1942); lo storico dell’arte Bernard Berenson (1865-1959); l’attore Memo Benassi (1886-1957); l’attrice Vivien Leigh (Rossella O’Hara) con il marito Laurence Olivier; l’attrice Ingrid Bergman; la nipote della stessa Duse sister Mary.

Museo civico di Asolo (Treviso) - Sezione Duse - La stanza di Asolo

1.
Fotografia da La Signora delle camelie di Alexandre Dumas
Ritratto fotografico di Eleonora Duse nelle vesti di Margherita Gautier
1882 – Gelatina ai sali d’argento, carta

2.
Fotografie di Eleonora Duse nella Francesca da Rimini di Gabriele d’Annunzio
Le foto costituiscono una preziosa testimonianza di quello che fu l’allestimento scenico voluto da Gabriele d’Annunzio
1901 – Gelatina ai sali d’argento, carta

3.
Ritratto di Gabriele d’Annunzio (1863-1938)
Il ritratto fotografico era stato donato dal Vate ai Mutilati di Asolo
1921 – Riproduzione fotografica

4.
Fotografie per studio d’ambiente nordico
La prima foto rappresenta il “Britannia” (1893) e venne probabilmente utilizzata come parte dell’allestimento scenico de La donna del mare
La seconda è una stampa con un paesaggio con alberi alla periferia di Graested, attribuito all’artista Holm Axel (1861-1935)
Fine XIX secolo; 1893 – Gelatina ai sali d’argento; acquaforte

5.
Fotografia della casa di Francesca a Ravenna
La foto appartenne all’attrice, probabilmente un ricordo legato alla sua celebre interpretazione
Fine XIX – inizio XX – Albumina, carta

6.
Ritratto di Henrik Ibsen di Nordhagen Johan (1856-1956)
L’opera si ritiene essere un dono dell’artista norvegese Johan Nordhagen a Eleonora Duse, come prova la dedica manoscritta in calce al ritratto. In essa si fa rifermento a due personaggi femminili creati dal drammaturgo norvegese Henrik Ibsen (1828-1906): Rebekka West che la Duse interpretò nel dramma Rosmersholm nel febbraio del 1907 e Hedda Gabler, portata in scena il giorno successivo al Teatro Nazionale di Oslo. Di questo ritratto si conoscono altre due stampe conservate una presso l’Ibsenmuseet di Oslo e una seconda nelle collezioni cittadine del Museo di Oslo
1904 – Puntasecca, acquaforte, carta

7.
Calco della mano destra di Eleonora Duse
Il calco fu eseguito da Etta Macy (1854-1927), chiamata da d’Annunzio “la clarissa d’oltremare” e venne donato da Lucia Casale alla Città di Asolo in occasione dell’inaugurazione del nuovo teatro E. Duse
1932 – Argilla

8.
Busto di Eleonora Duse
Opera dell’artista Walter Clark (1859-1935) venne donato al Museo nel 1938. Dell’artista è presente anche il ritratto ad olio nel quale resta fedele alla medesima iconografia
Fine XIX – inizio XX secolo – Terracotta

9.
Vedute di Stratford on Avon, della casa natale e dell’interno della casa di W. Shakespeare
Serie di tre fotografie appartenute ad Eleonora Duse che ritraggono il luogo dove nacque il celebre drammaturgo inglese
Fine XIX – inizio XX secolo – Albumina, carta

10.
Ritratto di William Shakespeare
Il ritratto sembra venisse portato sempre in viaggio dall’attrice
1876 – Acquaforte, carta

11.
Poltroncina asolana impagliata
Primo quarto XX secolo – Legno di noce e paglia

12.
Fondo di scatola da lavoro in legno
con fettuccia intrecciata in cotone. Probabilmente oggetto di scena
Fine XIX secolo – Legno

13.
Tavolino con cassetto e credenza presenti nella casa asolana
Il tavolino è riconoscibile in una foto della casa asolana, ma probabilmente proveniente dalla casa di Firenze
XIX secolo; XVII secolo – Legno

14.
Servizio da cucito, telaio da ricamo, ferri da maglia
Secondo la tradizione fu utilizzato nella rappresentazione de Gli Spettri di H. Ibsen
Fine XIX – primo quarto XX secolo – Argento, legno tornito e rete a modano con ricamo, legno e metallo

15.
Tappeto
Metà XIX – inizio XX secolo – Lana, tessitura a telaio manuale

16.
Scrigno e leggio
Secondo la tradizione, utilizzati nell’allestimento scenico della Francesca da Rimini (1901)
Metà/fine XIX – inizio XX secolo – Legno e ferro, legno

17.
Testi di autori teatrali
(Shakespeare, Dumas, Ibsen e altri)
I testi facevano parte della biblioteca appartenuta all’attrice e presente nella casa dell’Arco

18.
Vaso da fiori in cristallo di Lalique
Tradizionalmente donatole da D’Annunzio. Il marchio sul fondo del vaso consente di ascrivere l’opera alla produzione del celebre disegnatore, orafo e vetraio René-Jules Lalique (1860-1945) che nel 1885 avviò la sua produzione di gioielli e oggetti in cristallo ispirati all’Art Nouveau
Fine XIX – inizio XX secolo – Pittura su cristallo

19.
Coppa grande in vetro
La coppa fa parte della serie di 22 vetri di Murano antichi molto amati dall’attrice
XIX – inizio XX secolo – Vetro

20.
Vetri di Murano antichi
Si tratta di calici, vasi, bottiglie, coppe; alcuni sono ritenuti strumenti per aerosol
Seconda metà XIX secolo – Vetro

Museo Civico di Asolo, Treviso, sezione Duse, vista d'insieme

1.
Natalja Goncarova – attribuito (1881 – 1962)
Bozzetto per La donna del mare di H. Ibsen – I atto,
Nel verso del bozzetto, appunti manoscritti della Duse con suggerimenti alla scenografa
Primo quarto XX secolo – Cartoncino, pittura a tempera

2.
Natalja Goncarova – attribuito (1881 – 1962)
Modellino per La donna del mare di H. Ibsen – I atto
Primo quarto XX secolo – Cartoncino, pittura a tempera

3.
Natalja Goncarova – attribuito (1881 – 1962)
Bozzetto per La donna del mare di H. Ibsen – II atto
Primo quarto XX secolo – Cartoncino, pittura a tempera

4.
Natalja Goncarova – attribuito (1881 – 1962)
Bozzetto per La donna del mare di H. Ibsen – III atto
Primo quarto XX secolo – Cartoncino, pittura a tempera

5.
Natalja Goncarova – attribuito (1881 – 1962)
Modellino per La donna del mare di H. Ibsen – III atto
Primo quarto XX secolo – Cartoncino, pittura a tempera

6.
Natalja Goncarova – attribuito (1881 – 1962)
Bozzetto per John Gabriel Borkhman di H. Ibsen – I e III atto
Primo quarto XX secolo – Cartoncino, pittura a tempera

7.
Natalja Goncarova – attribuito (1881 – 1962)
Modellino per John Gabriel Borkhman di H. Ibsen – I e III atto
Primo quarto XX secolo – Cartoncino, pittura a tempera

8.
Natalja Goncarova – attribuito (1881 – 1962)
Bozzetto per John Gabriel Borkhman di H. Ibsen – II atto
Primo quarto XX secolo – Cartoncino, pittura a tempera

9.
Natalja Goncarova – attribuito (1881 – 1962)
Modellino per John Gabriel Borkhman di H. Ibsen – II atto
Primo quarto XX secolo – Cartoncino, pittura a tempera

10.
Natalja Goncarova – attribuito (1881 – 1962)
Modellino per John Gabriel Borkhman di H. Ibsen – IV atto
Primo quarto XX secolo – Cartoncino, pittura a tempera

11.
Natalja Goncarova – attribuito (1881 – 1962)
Modellino per John Gabriel Borkhman di H. Ibsen – IV atto ultima scena
Primo quarto XX secolo – Cartoncino, pittura a tempera

1921, il ritorno sulle scene

Eleonora Duse aveva scelto La donna del mare di Ibsen per il suo ritorno alle scene, che ebbe luogo il 5 maggio 1921 al Teatro Balbo di Torino. Non recitava dal 1909: sapeva di vivere una grande sfida e di non essere comunque esente dall’insuccesso.
Decise di affidare la scenografia e i costumi a Natal’ja Sergeevna Gončarova (1881-1962), un’apprezzata pittrice dell’avanguardia russa emigrata a Parigi con il compagno Michail Fëdorovič Larionov (1881-1964).
Le due donne hanno avuto un rapporto di reciproca stima e fiducia, nato all’insegna della ricerca creativa e della sperimentazione innovativa. Artista di grande talento e dal carattere anticonformista, la Gončarova ammirava profondamente la Duse e la conosceva sin dai tempi della sua ultima tournée a Mosca nel 1908.
Grazie alla comune amica Olga Resnevič Signorelli (1883-1973), riuscì a frequentarla a Roma e nel febbraio 1921 si mise in moto la macchina dello spettacolo. Le prove cominciarono a Torino nel marzo 1921.
La Gončarova lavorò gratis per la Duse e suggerì di far realizzare i costumi in un atelier di moda, anziché in una semplice sartoria teatrale, poiché teneva molto alla qualità del prodotto finale. Si era addirittura resa disponibile a ritirarli se – una volta cuciti – non fossero stati più di suo gradimento!
Lo spettacolo fu un trionfo: il lavoro della Gončarova accompagnò la Duse in tutte le tappe della tournée italiana e poi negli Stati Uniti. Tra i tanti spettatori che all’epoca lo videro, vanno ricordati almeno Tatiana Pavlova (1890-1975) al Teatro Costanzi di Roma e Lee Strasberg (1901-1982) al Metropolitan Opera House di New York.

1.
Guerlain Veritable Eau de Cologne
Due boccette del profumo utilizzato dalla Duse

2.
Volumi inediti La Duse di Katherine Onslow (s.d. – 1926)
Una raccolta inedita di materiali e testimonianze, a prova della devozione dell’amica Katherine Onslow.
Ante 1926 – Dattiloscritto, carta

3.
Piccolo borsellino in maglia con frange
Utilizzato per riporre monete, con chiusura in metallo sulla quale è visibile l’iscrizione Dèposè France
Fine XIX – inizio XX secolo – Cotone con inserti di perline di vetro argentate

4.
Custodia con piccolo dipinto. Il cottage inglese riprodotto probabilmente è da identificarsi con la casa di Shakespeare.
Primo quarto XX secolo – Olio su cartone

5.
Antica collana in filigrana
Conservata in un astuccio antico, probabile dono in occasione di una delle sue tournée in Russia.
Inizio XVIII – fine XIX secolo – Filigrana dorata, cuoio e impressione in oro

6.
Fermacarte di cristallo con due monete da 5 franchi
Donato da A. Lugnè Poe (1869-1940) del Teatro dell’Opera di Parigi in occasione della partecipazione dell’attrice alla rappresentazione del dramma russo I bassifondi di M. Gor’kij. La Duse partecipò recitando in italiano e chiese soli 10 franchi, il compenso del più piccolo attore. Sul retro la dedica con la scritta “Le cachet de Eleonora Duse”
1905 – Cristallo, incisione, molatura

7.
Anello in oro giallo con perla
Dono al Museo di Maud Onslow, sorella di Katherine, grande amica dell’attrice e sostenitrice della sua ultima tournée negli Stati Uniti.
Fine XIX – inizio XX secolo – Oro e perla

8.
Nastro con iscrizione dedicatoria
Ricorda la prima rappresentazione della Francesca da Rimini
1901 – Seta e stampa

9.
Quaderno con copertina in pergamena
Contenente brani tratti da “Francesca da Rimini” di mano dell’attrice.
1901 – Carta, inchiostro, pergamena

10.
Serie di 15 biglietti da visita
Primo quarto XX secolo – Cartoncino e impressione

Un profumo per Eleonora: Guerlain Veritable Eau de Cologne

L’Eau de Cologne Impériale è stata realizzata nel 1853 per l’Imperatrice Eugenia consorte di Napoleone III ed è stata la prima Eau de Cologne Guerlain. La fragranza è un agrumato fiorito.
L’imperatrice beneficiò dell’uso esclusivo di questa fragranza prima di concederne la commercializzazione. Valse al suo creatore il titolo di “Perfumer di Sua Maestà” divenendo così il profumiere dei re e delle regine.
Guerlain non solo creò il profumo ma anche il flacone decorato con 69 api. L’ape diventerà il simbolo anche della casa.
L’etichetta reca il simbolo dell’impero con il blasone scelto da Napoleone: l’aquila, la corona e lo scettro simbolo imperiale.
La colonia è tuttora disponibile per la vendita in bottiglie simili alle originali in bianco o api oro dipinte a mano. Anche la formula è cambiata poco essendo una formula corta e naturale al 100%.

1.
Abito nero
John Redfern (1820-1895)
Secondo alcuni studi, venne utilizzato da Eleonora Duse anche come costume di scena per La porta chiusa di Marco Praga, ma l’ipotesi, appare poco condivisibile, in quanto l’artista interpretò il dramma dal 1921, quando, come appare dalle immagini fotografiche d’epoca, ella vestiva linee più morbide.
Inizio XX secolo – Seta, raso, tulle, ricamo ad applicazione

2.
Scarpe di raso nero
Riferite al dramma La porta chiusa di Marco Praga anche se un’ipotesi recente le riferisce a La Città morta di d’Annunzio. Modello décolleté con punta affusolata. La tomaia è realizzata in raso nero, il rivestimento interno in pelle scura, la suola in cuoio. All’interno della suola è impresso il marchio del calzaturificio.
Manifattura milanese – Caporale Donato,
Inizio XX sec. – Seta, raso, cuoio

3.
Abito verde acquamarina
Jean Philippe Worth (1856-1926)
L’abito è tradizionalmente identificato come uno di quelli indossati sulla scena da Eleonora Duse nell’interpretazione di Ellida, la protagonista del dramma La donna del Mare, di Ibsen.
Fine XIX – inizio XX secolo – Taffetà di seta e velluto di seta

4.
Costume in panno di lana marrone
Tradizionalmente riconducibile al dramma Così sia (1922) di Tommaso Gallarati Scotti. Saio di foggia dritta con maniche lunghe a chimono e con cappuccio a punta, completato da una borsa rettangolare confezionata con lo stesso tessuto dell’abito.
Manifattura italiana,
Primo quarto XX sec. – Lana, panno

5.
Scarpe in scamosciato marrone con cinturino
Riferite al dramma Così sia di Gallarati Scotti portato in scena il 12 gennaio del 1922. Modello décolleté con cinturino e punta arrotondata. La tomaia presenta delle bordature chiare e punzonature sul cinturino. Il rivestimento interno è in cuoio, la suola è in cuoio bordeaux su cui è impresso il marchio del calzaturificio.
Manifattura milanese – Calzoleria Mebuloni,
Primo quarto XX sec. – Pelle scamosciata e cuoio

6.
Scialle di lana giallo
Tradizionalmente ricondotto al dramma di Ibsen Casa di bambola portato in scena la prima volta nel 1891 a Torino, è costituito da due metà triangolari ricavate da un unico scialle con frange sui lati.
Manifattura italiana,
Fine XIX secolo – Lana, panno

7.
Casacca di colore azzurro e gonna in panno di lana viola
Il costume è attribuito al dramma Spettri di Ibsen portato in scena dalla Duse il 18 ottobre del 1922. Costituito da una camicetta di cotone azzurro di foggia ampia con orlo asimmetrico, due pieghe sulle spalle, maniche lunghe, scollo a V e abbottonatura sul davanti con quattro bottoni di madreperla. L’ampia gonna in panno di lana viola è arricciata in vita con cinturino cucito, chiusura con bottoni automatici e gancetti in metallo e rifinita sull’orlo con una fettuccia con pesi di piombo.
Manifattura italiana,
1922, – Cotone, panno

8.
Ombrello in seta blu
Viene ricondotto al costume di scena per La Locandiera di Goldoni che la Duse portò in scena agli esordi della carriera. In seta azzurra con bordo rigato avorio, azzurro e giallo, armatura in metallo dorato ad otto spicchi, puntale in metallo e impugnatura in avorio tornito.
Produzione italiana,
Fine XIX secolo – inizi XX secolo – Seta, taffetà, manico in avorio

9.
Abito in velluto verde
Tradizionalmente riconducibile all’opera teatrale Sogno di un mattino di primavera di d’Annunzio rappresentata a Parigi nel 1897. La tunica taglio princesse è aperta sui lati, senza maniche e con scollo a V decorato da passamaneria metallica e ciniglia. Arricciature sulle spalle e sul punto vita marcato dalla stessa passamaneria dello scollo.
Manifattura parigina,
Fine XIX sec. – Cotone, velluto, filo metallico, filo di seta

10.
Scarpe in raso laminato in oro
Riferite al costume di scena per il dramma La donna del mare. Modello décolleté con punta affusolata. La tomaia è realizzata in raso laminato in oro rivestita all’interno con pelle e suola in cuoio su cui è impresso il marchio del calzaturificio.
Manifattura milanese – Calzoleria Mebuloni,
Primo quarto XX secolo – Seta, raso, laminatura

11.
Giacchina verde
Giacchina di linea molto aderente realizzata in velluto verde con ricami neri, collo a fascetta, maniche a gigot, ruches, polsi in merletto nero tipo Chantilly. Fodera in seta verde trapuntata. Abbottonatura con gancetti neri in metallo.
Manifattura italiana,
1885 – Seta, velluto, ricamo ad applicazione, filo di cotone, lavorazione a macchina

12.
Scarpe di raso rosa laminato in oro
Modello décolleté con punta affusolata. La tomaia è in raso stampato in oro, rivestita all’interno con pelle e suola
in cuoio su cui è impresso il marchio del calzaturificio.
Manifattura milanese – Calzoleria Caporale Donato,
Inizio sec. XX – Seta, tessuto, opera

13.
Foulard in seta
Tradizionalmente ricondotto al dramma di Ibsen Casa di bambola, si presenta in forma quadrata con decori in disegno cachemire di colori giallo, arancio, verde, bianco su fondo verde.
Manifattura italiana,
Fine XIX secolo – Seta

14.
Ombrellino nero
Ricondotto al costume di scena per La donna del mare, si presenta a cupola con fodera di taffetà di seta beige, rivestita di merletto a fuselli nero Chantilly. Manico e puntale in avorio tornito con parti terminali ondulate e decorate con motivi a perla. Sul puntale è annodata una nappa di fili di seta beige.
Manifattura parigina,
Fine XIX secolo – inizi XX secolo – Seta, taffetà, merletto, manico in avorio

15.
Pelliccia
Tradizionalmente appartenuta alla Duse, venne acquistata dall’attrice Valentina Cortese e reinterpretata dallo stilista Maurizio Galante. Il capo è costituito da un soprabito in seta e pizzo con maniche, fodera e bordatura in ermellino, arricchito da fiori in velluto di seta applicati sullo scollo.
Manifattura francese,
Fine XIX secolo – Seta, pizzo, ermellino

Abito nero da sera con strascico

Si tratta di un elegante abito che potremmo definire “da sera”, realizzato in tessuto di seta nera arricchito da una sorta di sopravveste in tulle dello stesso colore, ricamata con giaietti che formano un raffinato motivo ad arabesco. A livello delle spalle, il tulle crea un’ampia fascia ricadente con decori circolari in perle sfaccettate di maggiori dimensioni. Il corpetto accollato e sfiancato, sostenuto da stecche, è chiuso sul retro da ganci metallici. Le maniche lunghe sono leggermente rigonfie nella parte superiore, mentre fasciano l’avambraccio con polso alto, stretto da bottoni automatici. La gonna si apre a terra in una sorta di corolla, sviluppandosi sul retro in uno strascico, mentre la sottogonna è rifinita all’orlo da un’ampia bordura in seta a morbide pieghe.
L’abito, come attesta l’etichetta in seta cucita all’interno sul punto vita, è una creazione della Maison Redfern di Parigi. John Redfern (1820-1895) fu un creatore di moda inglese di grande successo, che esportò il suo marchio anche a New York, Chicago e, dal 1881, a Parigi.
Il grande couturier, che realizzò anche abiti per il teatro e per le attrici più celebri del tempo, servì la migliore nobiltà d’Europa, come conferma il marchio, che lo dichiara sarto della Principessa del Galles, Alessandra di Danimarca, poi regina consorte del re d’Inghilterra Edoardo VII, e dell’Imperatrice di Russia, Dagmar di Danimarca sorella di lei, sposa dello Zar Alessandro III.
L’abito, che risale alla fine del secolo XIX, secondo alcuni studi venne utilizzato da Eleonora Duse anche come costume di scena per La porta chiusa di Marco Praga, ma l’ipotesi, del resto non documentata, appare poco condivisibile, in quanto l’artista interpretò il dramma solo dal 1921, quando, come appare dalle immagini fotografiche d’epoca, ella vestiva linee più morbide, di taglia superiore rispetto al modello Redfern, che sottolinea il punto vita aderente con una raffinata bordura sartoriale ornata di perle.

Abito verde acquamarina

L’abito è tradizionalmente identificato come uno di quelli indossati sulla scena da Eleonora Duse nell’interpretazione di Ellida, la protagonista del dramma La donna del Mare, opera del drammaturgo norvegese Henrik Ibsen.
L’abito in taffettà di seta cangiante blu-verde acquamarina, arricchito da dettagli in velluto di seta azzurro e da bottoni in legno dipinto con motivo floreale, fu realizzato dall’atelier Worth di Parigi, probabilmente verso la fine del secolo XIX.
La maison, fondata nel 1856 dall’inglese Charles Fredrick Worth, giunse al massimo successo con i figli Jean Philippe detto “Luka” e Gaston, imponendosi per diversi decenni come la più prestigiosa casa di moda d’Europa. La Duse scelse più volte l’atelier Worth, entrando in contatto con Jean Philippe, il quale realizzò per lei modelli che vennero utilizzati sia nella vita che sulla scena.
Nel 2003 questo abito è stato oggetto di un complesso intervento di restauro che, grazie all’accurata pulitura e alla ricomposizione del tessuto lacerato, ha restituito leggibilità e sostanziale integrità al modello.

Una domenica di maggio, nell’immensa arena dell’anfiteatro antico, sotto il cielo aperto, dinnanzi ad una moltitudine di popolani che avevano respirato nella leggenda d’amore e di morte, io fui Giulietta…. Nessun fremito delle platee più vibranti, nessun clamore, nessun trionfo valse mai per me l’ebrezza e la pienezza di quella grande ora… come parlai dell’usignolo e dell’allodola, mille volte avevo udito l’una e l’altra nelle campagne, conoscevo tutte le loro melodie nel bosco, nel prato, nelle nuvole, le avevo nelle orecchie vive e selvagge, ogni parola prima di uscire dalle mie labbra pareva passare attraverso tutto il calore del mio sangue…
Avevo comperato con il mio gruzzolo nella piazza delle Erbe… un gran fascio di rose… le rose furono il mio solo ornamento, le mescolai alle mie parole, ai miei gesti, ad ogni mia attitudine.
da Gabriele d’Annunzio, Il Fuoco

Ognuno di noi non deve seguire che la propria vocazione… voglio tornare al lavoro, voglio tornare al lavoro, voglio tornare al lavoro…
Comparirò davanti agli spettatori con il mio vecchio viso stanco e pieno di rughe e con i miei capelli bianchi… e cercherò di dare la mia anima… se mi vogliono così ne sarò lieta e fiera… sennò ritornerò al silenzio ma niente trucchi, niente riverniciature, niente menzogne…
da Olga Signorelli, Eleonora Duse, Roma, 1955, p. 170

Recitare? Che brutta parola! Se si trattasse di recitare soltanto io sento che non ho mai saputo e non saprò mai recitare! Quelle povere donne delle mie commedie mi sono talmente entrate nel cuore e nella testa che mentre io mi impegno di farle capire alla meglio a quelli che mi ascoltano, quasi volessi confortarli, sono esse che, adagio adagio, hanno finito per confortare me… non la donna , mille donne sento dentro di me…
da Olga Signorelli, Eleonora Duse, Roma, 1955, p. 57 ed E.A. Rheinhardt, Eleonora Duse, Milano 1931, p. 68 – Lettera al marchese d’Arcai

In arte l’enfasi è la strada più facile e battuta, la sincerità e la semplicità sono sulla vetta della montagna e di arrivare lassù senza l’asma pochi sono capaci.
Parte del pubblico non mi accetta come desidero essere accettata perché non faccio le cose altro che a modo mio, cioè a dire nel modo come le sento… è convenuto che in certe circostanze bisogna alzare la voce, dare in escandescenza e io invece quando la passione che esprimo è violenta, quando l’animo mio è colpito dal piacere o dal dolore, spesso ammutolisco e sulla scena parlo piano a fior di labbra…
da Olga Signorelli, Eleonora Duse, Roma, 1955, p. 44

(Sui giornalisti) Ѐ una fatica e anche ingrata. Quella di rispondere a coloro che si presentano al mio albergo e che mi rivolgono cento domande indiscrete, sotto pretesto che un’attrice appartiene al pubblico. A me pare, invece, che l’attrice debba arrivar nuova sulla scena, senza far vedere prima agli spettatori di che è fatto il giocattolo col quale si divertiranno… da Olga Signorelli, Eleonora Duse, Roma, 1955, p. 113

(invitata a scrivere sull’arte rispondeva)… sarebbe lo stesso spiegare l’amore. Da quella via Crucis ci siamo passati tutti – tutti ne hanno parlato, e nessuno, nessuno lo ha definito completamente. Si ama – come si ama – e si è artisti – come si sente.
I successi, le convenzioni, le tradizioni soprattutto, in arte non valgono nulla, Vi sono tanti modi di amare – e vi sono altrettante manifestazioni d’arte. C’è l’amore che innalza – e c’è l’amore che assorbe ogni volontà, ogni forza, ogni linea d’intelligenza. Secondo me – questo è il più vero – ma certamente è il più fatale… così in arte… che talvolta si rivela come l’espressione e l’espansione di un’anima…
da Giuseppe Boglione, L’arte della Duse, Roma, 1960, p.8

Bisogna restare nel mondo, non basta scrivere belle opere, è indispensabile di andare in mezzo a tutti per spiegarle e per difenderle; ci vuole l’azione, bisogna agire! E per agire il teatro è proprio un mezzo di prim’ordine…

1.
Poster: American Poet’s Ambulances in Italy, 1917. L’ambulanza 86 fu donata dall’associazione in onore dell’attrice.
1917 – Stampa con dedica manoscritta

2.
Due soldati che sorreggono il ritratto della Duse di Wolkoff.
Il ritratto è tratto da un disegno realizzato nel 1893 da Alexander Wolkoff che ospitò l’attrice nel suo palazzo a Venezia. L’artista fu determinante per l’esordio teatrale della Duse in Russia nel 1891 – Primo quarto XX secolo
Albumina

3.
Immagine della Madonnina del Grappa.
La statua fu benedetta dal patriarca Giuseppe Sarto – poi Papa Pio X – nel 1901 e la Sacra Immagine divenne cara ai combattenti del Grappa.
Cartolina

4.
Piccola scultura di Enrico Toti (1882-1916)
Ricordo del soldato romano che, invalido, venne arruolato. Colpito mortalmente in trincea, secondo la tradizione scagliò la sua gruccia contro il nemico. Primo quarto XX secolo – Bronzo

5.
Astuccio contenente lettere della Duse inviate alla contessa Bianca di Prampero
L’astuccio pare sia appartenuto a d’Annunzio. Le lettere sono state scritte fra il 1916 e il 1921.
Primo quarto XX secolo – Seta

6.
Coppia di nastri uno con i colori della città di Fiume e l’altro quelli d’Italia
Primo quarto XX secolo – Seta e gros de Tours

7.
Bomboniera in vetro e metallo
Contenente ricordi (una medaglietta con in rilievo testa di bersagliere e un distintivo) offerti all’attrice dai soldati. Primo quarto XX secolo – Vetro e metallo

8.
Piccolo vaso con foto della duchessa di Palmela.
Ricordo dello stretto legame di amicizia che unì l’attrice a Maria Luisa de Sousa Holstein (1841-1909), personalità di rilievo nel panorama culturale portoghese ed europeo, che fu scultrice e prodiga benefattrice.
Metà XIX – inizio XX secolo – Vetro

9.
Testi di autori vari con dediche autografe
I testi facevano parte della biblioteca appartenuta all’attrice e presente nella casa dell’Arco.

Gli echi della Grande Guerra

Lontana dalle scene, vicina alla tragedia
Eleonora Duse visse la Grande Guerra come italiana, come artista e come madre. Aveva lasciato le scene nel 1909 e il contesto bellico non arrivò a interferire con la sua carriera e le sue tournèe. Tuttavia, fu proprio in quel periodo difficile che riuscì a mettere a fuoco il suo amor patrio, la sua ricerca di libertà e il senso di precarietà della vita umana. L’angoscia e il dolore per il conflitto le causarono problemi di salute e un’inquietudine che la portò ad affrontare vari traslochi. Leggeva sempre i giornali per avere le notizie, portava conforto ad amici e conoscenti che avevano i figli arruolati, scriveva ai soldati aiutandoli a ritornare in contatto con le famiglie.
Il Museo conserva la corrispondenza con la contessa Bianca di Prampero, della quale fu ospite nella villa di Tavagnacco (UD) nel 1917. Interessò anche la figlia Enrichetta, residente a Cambridge, per avere notizie di un familiare della contessa prigioniero degli Inglesi.
La Duse ottenne il permesso di visitare il fronte e il 12 agosto 1917 presenziò all’inaugurazione del “Teatro del Soldato”, creato con lo scopo di sollevare lo spirito dei combattenti e dei feriti. Pur non partecipando alle recite, sostenne l’iniziativa rimanendo tra il pubblico e portando ai soldati il suo sostegno materno. L’unica esperienza artistica attiva che la Duse si concesse durante la Prima Guerra Mondiale fu al cinematografo, con la realizzazione del film Cenere (Italia, 1916), tratto dall’omonimo romanzo di Grazia Deledda.
Nella collezione tra i ricordi legati alla Grande Guerra è presente anche una statuetta di Enrico Toti
(1882-1916), mirabile esempio di valor militare. Ci sono anche una bomboniera regalo dei soldati e la foto dentro un piccolo vaso in vetro della duchessa di Palmela che aveva donato all’attrice delle perle, poi vendute per far fronte alle necessità economiche del periodo bellico.

Dalla libreria di Eleonora
Tra i libri posseduti da Eleonora Duse, spiccano alcuni titoli dedicati alla Grande Guerra che le sono stati donati dagli autori. Le dediche autografe sottolineano l’ammirazione che tutti avevano dei suoi confronti.
Si tratta di intellettuali dai vari interessi: il giovane poeta-soldato Guido Fontana; gli scrittori Giuseppe Prezzolini (1882-1982) e Piero Jahier (1884-1966), esponenti di spicco della rivista fiorentina “La Voce”; l’economista Antonio De Viti De Marco (1858-1943), la cui moglie Etta (1864-1939) fu pure in contatto con la Duse; la scrittrice Térésah (Corinna Teresa Ubertis, 1874-1964), che realizzò la versione italiana del dramma ibseniano La donna del mare con cui la grande attrice tornò in scena il 5 maggio 1921 al Teatro Balbo di Torino.

Il progetto di un rifugio: la Libreria delle Attrici
Prima dello scoppio della Grande Guerra, nel maggio 1914, con un enorme sforzo economico e organizzativo Eleonora Duse aveva realizzato un’iniziativa interessante quanto utopica: la Libreria delle Attrici a Roma.
Il suo desiderio era quello di dare vita nella capitale a un luogo accogliente e protettivo, raffinato ed elegante, ricco di stimoli culturali, ma anche destinato a elevare culturalmente le giovani attrici offrendo loro un possibile riscatto all’interno della società. L’iniziativa fu accolta con irrisione dalla critica e dal mondo del teatro e fu destinata a un rapidissimo insuccesso, anche a causa dell’entrata in guerra dell’Italia l’anno successivo. La catastrofica avventura della Libreria delle Attrici fu la prima ragione della dispersione della vasta biblioteca della Duse, completata durante gli anni della guerra.

1.
Astuccio di Cartier con le iniziali E.D.
Seconda metà XIX secolo – Pelle

2.
Servizio da té da viaggio
Realizzato dalla manifattura J. Demuth di Berlino e acquistato in una delle sue tournée a Berlino.
Primo quarto XX secolo – Argento, vetro

3.
Astucci da viaggio con bottiglie
L’astuccio da viaggio cilindrico in pelle con due bottiglie a sezione triangolare è stato realizzato dalla manifattura J. Demuth di Berlino
Astuccio da viaggio in pelle con due bottiglie a sezione quadrata reca il marchio di fabbrica che lo riconduce alla storica valigeria Franzi fondata a Milano nella prima prima metà del XIX secolo
Primo quarto XX secolo – Cuoio e vetro

4.
Servizio da scrittura
Realizzato dalla manifattura J. Demuth di Berlino e acquistato in una delle sue tournée a Berlino.
Primo quarto XX secolo – Argento

5.
Scrigno porta bottiglie
Ricevuto in dono dall’attrice Gabrielle Réjane (1856-1920) è ritenuto appartenuto a Adrienne Lecouvreur (1692-1730), interprete del teatro francese del XVIII secolo.
Inizio XVIII – fine XIX secolo – Olio su legno, vetro

6.
Armadio e tavolo
Presenti nella casa asolana.
Di ambito toscano, probabilmente proveniente dalla casa fiorentina
Metà XIX secolo – inizio XX secolo; XVII secolo – Legno di noce

7.
Locandine di spettacoli

8.
Libreria
Presente nella casa asolana.
Di ambito toscano, probabilmente proveniente dalla casa fiorentina
Metà XIX – inizio XX secolo – Legno di noce

9.
Riproduzione della Nike di Samotracia
Dono degli attori della Comédie Française in occasione della sua prima tournée parigina in cui il teatro venne messo a disposizione dall’attrice Sarah Bernhardt (1844-1923). L’omaggio era accompagnato dalla lunga lista dei sottoscrittori.
1897 – Bronzo con incisione

10.
Lettera di accompagnamento della Nike
Sottoscritta da 103 firmatari, alcuni dei quali si riconoscono nel ritratto fotografico di Eleonora Duse tra gli attori della Comédie Française realizzato a Parigi nel 1897
1897 – Carta

11.
Statuetta
Dono di Ermete Zacconi per il ritorno dell’attrice sulle scene nel 1921
1921 – Avorio

12.
Vetri di Murano antichi
Si tratta di calici, vasi, bottiglie, coppe; alcuni sono ritenuti strumenti per aerosol
Seconda metà XIX secolo – Vetro

13.
Esemplare di farfalla (morfo blu) conservato in una piccola teca
Ritenuta un ricordo che l’attrice portò con sé dopo la tournée del 1885 o del 1907
Fine XIX – inizio XX secolo

14.
Cofanetto Les contes du vieux Japon di Takejiro Hasegawa (1853-1938)
Rara edizione originale di 18 volumetti tradotti in francese, con copertine illustrate e xilografie all’interno
1889-1905 – Stampa su carta crespa

15.
Testa di Medusa
La placca era a capo del letto nella casa fiorentina
Fine XIX – inizio XX secolo – Bronzo

16.
Volumi inediti La Duse di Katherine Onslow (s.d. – 1926)
Opera inedita in 7 volumi dattiloscritti con fotografie dell’attrice e riproduzioni di disegni
Ante 1926 – Dattiloscritto, carta

17.
Testi di autori vari con dediche
I volumi facevano parte della biblioteca appartenuta all’attrice e presente nella casa dell’Arco

18.
Bilancia
Si trovava nella camera da letto in ricordo del suo segno zodiacale e considerata come un portafortuna
Primo quarto XX secolo – Ottone

19.
Album Pinacoteque Hellenique
Riproduzione di foto di siti monumentali greci.
Prima metà XX secolo – Cartoncino, carta fotografica

20.
Riproduzione di King Cophetua di Edward Burne-Jones (1833-1898)
Copia del dipinto su tela raffigurante Re Cophetua e la piccola mendicante di Edward Burne-Jones (1833-1898) realizzato nel 1884 ed esposto alla Tate Gallery di Londra. In basso a sinistra una dedica di Arthur Symons traduttore della Francesca da Rimini in inglese
1905 – Fotolitografia

21.
Stipo
XIX secolo – Legno, pietre dure

22.
Valigia portaritratti
Di produzione americana, secondo la tradizione vi trasportava il ritratto eseguito dal Lenbach
Metà XIX – inizio XX secolo – Legno con interno in tessuto

23.
Poltroncina asolana impagliata
Primo quarto XX secolo – Legno di noce e paglia

La memoria e la devozione dell’amica Katherine Onslow
Raccolta inedita in sette volumi di materiali e testimonianze

I volumi di Katherine Onslow raccolgono notizie ed articoli dal debutto della Duse a San Pietroburgo nel 1891 fino ai giorni dell’ultima tournée negli Stati Uniti. Interessante nei due supplementi finali la raccolta di fotografie. La ricca nobildonna fu una grande ammiratrice della Duse: oltre a darle un sostegno economico che le permise di tornare a recitare negli Anni Venti, la seguì nell’ultima tournée americana.
Nel 1919 Katherine aveva scritto a Enrichetta parlandole della sua vasta raccolta di articoli che aveva intenzione di donare al British Museum per perpetuare la memoria dell’attrice. È possibile ricondurre l’arrivo dei volumi ad Asolo alle figure di Lord e Lady Iveagh, suoi cugini, che avevano generosamente acquistato la casa della Duse. Poco dopo la morte di Eleonora, Katherine scoprì di essere gravemente malata spirando nel dicembre 1926. La sorella, Miss Maud, donò al Museo civico nel 1938 l’anello con perla appartenuto alla Duse.

1.
Locandine di spettacoli con gli attori della famiglia Duse.
Seconda metà XIX secolo – Stampa

2.
Riproduzione del disegno I due commedianti.
Luigi Duse nelle vesti di Giacometto Spasemi, maschera ideata e portata al successo dallo stesso Luigi.
Prima metà XIX secolo – Litografia

3.
Notula di pagamento
Nell’ultima riga il pagamento per 8 serate di recite di Eleonora quando era ancora bambina. Seconda metà XIX secolo – Carta

4.
Ritratto di donna
Realizzato da Alessandro Duse

Viene tradizionalmente identificato in Eleonora fanciulla.
1888 – Olio su cartoncino

5.
Orologio da taschino appartenuto al padre Alessandro.
Metà/fine XIX secolo – Argento con quadrante in smalto bianco

6.
Piccolo astuccio con ritratto fotografico della madre Angelica Cappelletto (1833-1875).
Seconda metà XIX secolo – Pelle

7.
Astuccio in pelle rossa con foto del padre Alessandro Duse (1820-1892).
Seconda metà XIX secolo – Gelatina ai sali d’argento, pelle

8.
Gilè appartenuto al nonno Luigi.
Prima metà XIX secolo – Cotone e velluto

9.
Bastone da passeggio
Appartenuto al padre Alessandro, è tra gli oggetti che l’attrice portava sempre con sé nelle tournée.
Metà/fine XIX secolo – Bambù e ottone

Le origini e la famiglia

I primi anni vissuti a Chioggia
Eleonora Giulia Amalia Duse nasce a Vigevano il 3 ottobre 1858 durante una tournée dei genitori. Nei primi mesi del 1859, insieme alla famiglia, giunge a Chioggia, paese d’origine del padre, dove trascorre lunghi periodi della sua infanzia.
Figlia d’arte, inizia a recitare a 4 anni nella parte di Cosetta in una riduzione dei I Miserabili. Il suo nome compare nell’elenco delle attrici della Compagnia diretta dallo zio Enrico Duse, quando è a Chioggia nel 1867.

Il nonno Luigi Duse e la compagnia dei fratelli Duse
Il nonno di Eleonora, Luigi (1792-1854), proviene da una famiglia presente a Chioggia fin dal XVI secolo. Fece della sua passione per l’arte drammatica il suo lavoro.
Nel 1823 fonda la Comica Compagnia Duse. Si esibisce a Padova, a Venezia, nei territori del Lombardo-Veneto e Dalmazia, nel 1827 è ad Asolo. Il suo repertorio offre opere serie, adattamenti di opere goldoniane e farse con protagonista una nuova maschera da lui creata quella di Giacometo Spasemi, un veneziano gioviale, che consacrò al pubblico Luigi Duse e il figlio Giorgio.
Grazie alla fortuna ottenuta, nel 1834 costruisce a Padova in via Pedrocchi un Teatro Diurno con la capienza di circa mille persone. Alla morte di Luigi, il teatro Duse continua l’attività sotto la direzione dei figli, quindi viene venduto nel 1859.
La compagnia formata dai quattro figli tra cui Alessandro Vincenzo, padre di Eleonora, continua ad essere molto apprezzata dal pubblico ma nel 1874 si scioglie e i Duse continuarono a recitare presso altre compagnie.

Il padre, Alessandro Vincenzo Duse
Alessandro Vincenzo (1822–1892) da giovane si dedica allo studio delle belle arti, ma ben presto interrompe gli studi per seguire l’attività paterna dove assume il ruolo di primo attore.
Negli anni successivi alla morte della moglie Angelica Cappelletto (1833-1875) segue, in una posizione di secondo piano, la carriera della figlia. Quando Eleonora diventa celebre si ritira dal teatro e, grazie al suo aiuto, va a vivere a Venezia dove riprende a dedicarsi al disegno e alla pittura seppur sempre a livello amatoriale.
Della sua attività artistica sono conservati nel Museo alcuni disegni e studi e un ritratto ad olio di Eleonora firmato e datato 1888.